domenica 26 aprile 2009

Oi Dialogoi

Sono questi giorni di transumanza scolastica. Nel nome di una ipotetica democraticità della scuola, di ruoli, di interazioni, di interessi (ma chi ? ma dove ? ma quando ??) teorie di mamme in fila indiana come formiche laboriose, strappando le mezzore dai loro impegni quotidiani, vanno ai colloqui coi professori. E scoprono così, come una epifania, come una agnizione da feuilleton ottocentesco che il loro Gigetto, Pierino, Maicol o Gionatan ebbene si, si impegna, ma potrebbe fare di più, di meglio. Non è stupido, no, non è un decerebrato con 45 secondi di attenzione e poi lo sprofondo in uno sguardo da neandertal, no, macchè. E' un genio in nuce solo un po' svogliato.

ed ecco dalla vivida cronaca di un banco tarlato da milioni di ore di gomiti inchiavardati, di caccole spiaccicate sotto, di incisioni al bulino di organi sessuali non accurati ma molto espressivi, uno di questi incontri.

"Colloquio fra la signora De Tiziis con il prof De Semproniis, di Xxxxxx ( materia a piacere)

"buongiorno prof, sono la madre di XXXX"
faccia vagamente inebetita del prof che scartabella l'archivio mentale, connettendo peggio di un oritteropo svegliato di soprassalto dalla caduta di un baobab sulla tana
"ah, si, prego si accomodi "
"allora prof, che mi dice, coma va quel cinghiale di mio figlio ?
" sicuramente è migliorato, rispetto alla scorsa glaciazione, a volte è un po' disattento, tende a dare fuoco a qualche barbone, ma sicuramente... hemmm... si si, si vede che a volte respira ed ha un elettroencefalogramma non piattissimo. certo, potrebbe impegnarsi di più"
(dal corridoio arrivano gli echi di uno stupro di gruppo ai danni della figlia della bidella, lattante di 7 mesi, a opera dei maschi riuniti delle terze, due dei quali con videocamera giapponese)
"ah, certo, guardi, io lo minaccio di levargli anche 2 minuti di fila la pleistescion, ma minaccia me e mio marito di aderire ad una setta satanica, di smembrarci e rivenderci al mercato degli organi, di sputtanare la casa in droghe, di sodomizzare la sorellina con il minipimer e di tatuarsi l'inno di forzaitalia sulla fronte, per cui, come dire, raccomandiamo l'anima a dio e gli regaliamo 6 iPod gia con 40giga di musica sopra e 3 motorini, 2 giubbotti ed un buono per una prestazione sessuale da consumarsi con una escort ucraina"

(in quel momento entrano di corsa sei adolescenti, tre maschi e tre femmine, alcuni obesi, altri anoressici e senza dire niente si precipitano dalla finestra, nel più raggelante silenzio)

"si, si capisco, signora (nome incomprensibile, una via di mezzo tra un starnuto di cigogna ed un rutto di camionista bulgaro) anche io del resto pago 2 rumeni perchè mi facciano da guardaspalle, e sono solo a due macchine bruciate e 3 gatti crocefissi sulla porta di casa."

(echi dal corridoio di picconi che smantellano le mura, estraggono i tubi e li spaccano, allagando 6 piani, distruggendo 8 aule, tra cui quella di informatica, la palestra e l'affogamento della supplente di matematica. il tutto immortalato per la gioia di iutiube dai soliti con videocamera digitale)

"la ringrazio, allora la saluto, ci vediamo presto." (cornuto bastardo ha ragione il mio tesoro santissimo che lo odi, domani passo a comprare il machete ed i ricambi per la sparachiodi)
"ma prego, signora, è stato un piacere !" (ahh ecco il delinquente, vedi il puttanone di mamma che si ritrova, ha l'intelligenza di un cubetto di porfido e la cattiveria di un torturatore della Cia... famiglie di merda, speriamo la crisi li schianti vivi)

dal cortile sale il fumo del preside, arso vivo. aveva inopinatamente ecceduto nei mezzi di correzione dicendo sottovoce di spalle fra sè e sè "A quello gli faccio mettere un votaccio".

Nomina Sunt Consequentia Rerum

cosi' diceva Giustiniano, ai tempi, dando quindi una direzione linguistica; da uno stato di essere ad una sua definizione. Si sono svolte adesso le cerimonie per il 25 aprile. Festa della Liberazione. Ovvero il 25 aprile del 1945 l'Italia è stata liberata e, conseguentemente, quella data è l'anniversario della Liberazione, appunto.
Il nano ed i suoi seguaci, che più affondano le radici del consenso e della loro storia personale nel fascismo e più erano a battere la lingua sul tamburo della commemorazione, ha messo il cappellino anche su questa data. E tra una equidistanza tra liberatori partigiani e macellai repubblichini ha infilato lì la sua specialità. Non dimentichiamocelo mai, è un venditore, è un salesman, è un piazzista. Di sè, delle sue milano 2, delle sue tv, della sua politica. E cosa fa un pubblicitario quando vuole rilanciare un prodotto, magari dopo che la proprietà è cambiata ?
NO, non si può scrivere Nuova Gestione. Quello va bene per le pizzerie. Si fa un riposizionamento col branding. Il marchio. Il nome. E allora ok, a questa festa del cazzo che evidentemente piace un casino a troppa gente perchè io continui ad ignorarla, ci vengo anch'io. Ma facciamo che gli cambiamo il nome ? Liberazione, liberazione.... ma da che cosa, poi ? ma chi se lo ricorda ? No, no, meglio una cosa ecumenica, dove non ci siano contrapposizioni, nemici, uno contro l'altro. Chè poi la liberazione l'hanno vinta anche i cosi, i comunisti, che schifo. Chiamiamola la festa della Libertà. Ma si. Che piace a tutti e che, incidentalmente, ma che caso fortuito, ma chi ci aveva fatto caso, è anche il nome del mio partito. E sai, la gente se gli dici che parmacotto è sinonimo di prosciutto cotto, alla fine lo chiama cosi', e si dimentica il vecchio nome.E poi tra festa della Libertà a festa del (partito della) Libertà il passo è breve. NOn prendiamolo mai sottogamba Sembra un gaffeur, sembra uno che spara cazzate, ma sa esattamente sempre quello che fa. E lo sa fare bene. Del resto non dimentichiamoci come s'è inculato baffino. Ed ecco quindi come il general manager di questa ditta sull'orlo del fallimento che è l'Italia ha invertito o vuole invetire il tempo linguistico. Dalla definizione si passa alla sostanza. Svuotando cosi' quello che, al di fuori anche da tutta la retorica che ci han versato sopra, dovrebbe essere un momento da ricordare, un pezzo grosso della storia del nostro paese. Un momento fatto di giusti e ingiusti, di colpevoli e di martiri. Facendone invece un flacone vuoto su cui chi può ci mette la sua etichetta. I meglio informati prevedono al posto del Natale una simpatica Festa del Compleanno, al posto della Befana una Festa della Donna Brutta Che Non Può Fare La Velina, San Silvestro sarà ! "1 2 3 Casino !!! , per Pasqua ci sta pensando Scapagnini... che resta... hmmm ... il 1° Maggio... hmmm... si accettano suggerimenti.

giovedì 16 aprile 2009

Un bel cazzotto nello stomaco

faccio un vile copia incolla, ma va diffuso. buona lettura.

"MA IO PER IL TERREMOTO NON DO NEMMENO UN EURO..." (di Giacomo Di Girolamo)

martedì, 14 aprile 2009

Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.

Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.

Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.

Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese.
E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.

C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?
Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di “new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente?

Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.

Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.

Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate.

Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.

Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima?
Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.

Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.

Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.
Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto.

Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.

Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.

Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico.

E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso.
Come la natura quando muove la terra, d’altronde.


Giacomo Di Girolamo