lunedì 8 ottobre 2012

Leggere il giornale è sempre interessante, ma l'era di Internet ha aperto le porte ad una partecipazione di massa ai commenti. Una volta c'erano le lettere al direttore, oggi con le rubriche on line ci sono i commentatori aficionados che, leggendosi sullo stesso medium dove sono riportati articoli di famosi elzeviristi , si cullano nell'illusione che anche i loro scritti abbiano pari dignità e peso di qeulli di uno Scalfari, di un Bocca, di un Diamanti. Ma così non è e lo sproloquio delirante inonda il web. Questo può essere utile come fenomeno socio-politico, per vedere quali idee bislacche si stiano formando e diventino mainstream. Ne ho letto giusto adesso uno che, lo ammetto, non sono riuscito a concludere, fermandomi alle prime righe e scorrendo le altre. Nota bene, è un commento relativo ad un articolo che parla della tardiva e sospetta decisione del CSM di esaminare le bozze del decreto anticorruzione. Vi lascio alla lettura del pippardone che è illuminante di un diffuso modo di pensare che, ahimè, condivide al mia teorica posizione alla sinistra dell'emiciclo. Anche se qui sinistra e destra sono relative. Il commentatore è di fuori come le terrazze. Ma è interessante la tessitura logica che parte da affermazioni apodittiche e poi, paralogicamente ne trae conclusioni affatto balzane. Per dire che oggi i cattivi maestri sarebbero inutili, a sparare cazzate la gente ci arriva, e bene, da sola. A leggere bene il tono, colgo degli accenti da Complotto Pangalattico degno di un Simonini creatore dei Protocolli. "Cari amici,il governo spacciato per salva Italia è solo un piano Diabolico preparato con Maestria divina dai Grandi Maestri per salvare il sistema collaudato degli affari della famiglia politica,ed è per questo che hanno taroccato le elezioni Piemontesi(piccolo esempio)e continuano a taroccarle,basta vedere il grande spettacolo che fa la finta sinistra per mantenere in piedi la Casta.Inoltre,è da vent’anni che le massime cariche Istituzionali ci prendono in giro con grandi spoettacoli come quello del Processo contro Andreotti,fatto durare appositamente oltre 10 anni che ha portato alla denigrazione dei Magistrati che osavano indagare negli affari dei politici con ……Ricordiamoci tutte le strgi e trucidazioni dei magistrati che avevano osato indagare negli affari dei politici con …..Ebbene cos hanno fatto tutti i governi della seconda Repubblica?Hanno mantenuto e imposto il segreto di Stato affinchè non emergesse la verità,anzi hanno strumentalizzato le stragi e le Trucidazioni per farsi vedere agli anniversari in prima fila davanti alle telecamere,recitando i soliti discorsi e editti. Spero che il popolo adesso capisca il perchè in Piemonte i politicanti dell’ammucchiata hanno taroccato le elezioni,confermandoci che la politica serve solo per fare gli affari di famiglia ed eseguire gli ordini dei nostri padroni Americani Vaticano Israele Regno Unito.Guarda caso,il trono voluto dalla casta nella prima Capitale d’Italia, viene costruito su una superfice venduta da mamma Fiat al Comune per fare cassa e poi come ringraziamento ha portato la produzione in Serbia,Moldavia e sponsorizzato il Made in Italy per importare il prodotto finito.Come potete vedere dalla realtà,potete capire il perchè non cambierà mai nulla e che il governo impostoci non serve a altro se non per garantire il proseguimento degli affari della Casta.Quindi cari amici dobbiamo ribellarci a questi politicanti che pensano solo a fare i loro affari,dove assieme alla inutile opera Faraonica vogliono fare la Tav,quando abbiamo delle ferrovie da terzo mondo e per raggiungere Aosta da Torino sembra di viaggiare su un treno come quelli che viaggiano nei paesi sottosviluppati.Questa realtà ci fa capire il perchè la magistratura non ha mai indagato a fondo negli affari dei politici con la Massoneria-Opus Dei- Club Aions e Rotary,Mamma Fiat,le Banche,la Chiesa,la Mafia.Da non dimenticare che diversi Ministri del Governo impostoci per salvare la Seconda Repubblica,hanno avuto un ruolo strategico nel realizzare questo sistema di inciuci e affari.!"

mercoledì 15 agosto 2012

In certe parti del mondo, forse le più evolute o quelle che se lo sono potuto permettere, sono alla fine emersi gli omosessuali, repressi per secoli da religioni e culture omofobiche. Religioni che poi come ogni consesso umano a quelle pratiche e tendenze indulgevano, ma di nascosto. Una serie di fattori hanno fatto si che determinate rivendicazioni venissero finalmente espresse, così come è successo fin dagli inizi del secolo con le suffragette e la questione femminile o femminista. Come tutte le rivendicazioni per situazioni a lungo represse, quando si sono manifestate lo hanno fatto all'eccesso e, credo, interpretando la loro diversità come un fattore di distinzione da opporre alla normalità eterosessuale. Proprio quell'orgoglio gay, insomma, che li ha spinti e li spinge tuttora a esporsi scandalosamente, eccessivamente, teatralmente. in fondo se solo di diversi gusti sessuali si parla, niente avrebbe dovuto impedire che si svolgesse una normale affermazione dei propri diritti senza quei ricercati eccessi da avanspettacolo che a me, sinceramente, non sono mai piaciuti molto. Come del resto tutte le esagerazioni, anche di machismo o religiose, visto che sono stato cresciuto in una ottica di pacato e britannico understatement. Ma così non stato. Siamo diversi ? Bene, faremo della nostra diversità la bandiera e rifiuteremo ogni manifestazione di normalità, sottolineando proprio nella diversità la nostra essenza. Non so se a qualcuno è capitato di vedere un crudo e brutale film tedesco "Ai cessi in tassì", molto underground ed esplicito ma sincero e combattivo. In una coppia gay i due componenti ambivano a vite diverse. Uno, il più carismatico, voleva vivere la diversità anche attraverso la libertà totale del rapporto, senza quelle trappole come la continenza, la fedeltà, la regolarità tipiche delle odiate coppie normalmente etero. L'altro invece avrebbe anche preferito una normale vita di coppia, e veniva aspramente sbeffeggiato dal compagno, che metteva in ridicolo quella volontà. Poi è arrivata la botta Aids. E ovunque è emersa la considerazione che fosse quasi una punizione divina per certi comportamenti eccessivi. La promiscuità totale, la sessualità sbandierata che, da essere una delle caratteristiche della persona diventava LA caratteristica su cui modulare tutta la propria vita e le proprie scelte, venivano messe in crisi dalla malattia. Ed è stato sicuramente il punto di rottura per certe culture libertarie e libertine. Una rottura che ha messo la sordina, per ovvi motivi, proprio al cavallo di battaglia del sesso inteso come ariete che devastava le mura della normalità borghese e perbenista, con la sua carica vitale ed eversiva. A quel punto certi valori o, se non vogliamo considerarli tali, certi comportamenti salubri, hanno riacquistato importanza. Ora certe manifestazioni hanno senso solo in quei paesi in cui c'è una repressione evidente, penso alla russia, coesistente con una evoluta consapevolezza e volontà di emancipazione. Siamo insomma nello stesso punto temporale di rottura totale, rottura che richiede toni e volumi alti ed anche eccessivi. Da noi, dove più o meno determinati comportamenti individuali sono stati certamente più accettati, siamo alla fase successiva. Se ho una dignità come omosessuale e se le mie libere scelte private non influiscono sulla mia figura sociale e sulla mia integrazione, allora voglio, civilmente e pacatamente, gli stessi diritti degli altri. E si, voglio sposarmi, avere figli, vivere una vita "normale" anche io. E non solo, voglio che il mio ocmpagno/a abbia i diritti civili riconosciuti alla cosiddetta "famiglia" in termini di assostenza, sanità, partecipazione, economia. Ed è questa, sia chiaro, una visione delle cose che nella San Francisco degli anni '70 avrebbe fatto inorridire il 99% degli omosessuali. Alla fine, quindi, si ha lo scandalo maggiore proprio quando si smette un comportamento che mette autonomamente la persona ai margini, sotto i riflettori di una conclamata e a volte pacchiana diversità, e si chiede di rientrare e far rientrare la propria ricerca della felicità nei canoni e nei canali di tutti gli altri non più diversi. Questo si che è rivoluzionario, perchè se tu che sei diverso non sei più tale e metti i miei abiti e vuoi ricoprire i miei ruoli, io che mi sentivo forte della mia normalità conformista non ho più quei riferimenti cui potevo riconoscermi opponendomi ai tuoi. Mi stai disarmando, mi metti in crisi di identità. Ma come, io sano e prolifico etero trombante cui piace la gnocca mi posso ritrovare in chiesa con la sposa barbuta ? E al parco con moglie e moglie e pargoli che giocano con la mia tutta trine e fiocchetti ? Ma non sarà mica che allora forse, sotto sotto, anche io posso desiderare o avere quei gusti che tanto mi fanno orrore ? Non è che alla fine un pò ricchione lo sono anche io o, almeno, lo posso essere ? No, perchè anche a me certe sensazioni piacciono, anche io a volte ho avuto certe fantasie. Insomma, alla fine proprio rientrare in un alveo di non contrapposizione ma di condivisione di riti e ruoli è quello che diventa più devastante. E' la maturità della rivendicazione che trovo, personalmente, oggettivamente coerente e plausibile. Accettabilissima senza alcuna remora e, almeno per quelle culture e società abbastanza evolute da poterselo permettere, destinate a realizzarsi sicuramente. Questo certamente deve essere consolante ma non deve farci dimenticare i tanti episodi di violenza omofoba, così come non ci possiamo dimenticare di quanta cultura sia ancora sessista e antifemminile, come sia ancora razzista nei confronti di ogni cultura diversa. Ma lo scardinamento operato dall'interno come avviene adesso ritengo sia molto più positivo di quanto potesse essere l'opposizione precedente, e molto più concreto.

lunedì 25 giugno 2012

Rust never sleep.

A mia figlia da sempre piace Ozzy Osbourne. Quando lo scorso novembre ho visto che venivano i Black Sabbath in italia, riuniti per l'ennesima volta, ho pensato che per lei fosse l'ultima possibilità di vederli, visto che veleggiano per una irreversibile senilità. Così comprai subito i biglietti on line, salvo poi venire confermati i miei timori quando, causa cancro, l'assenza di Tony Iommi ha modificato l'evento da "Black Sabbath" a "Ozzy and Friends". Vabbè, inculata, ma tant'è, decisi che saremmo andati lo stesso. Premetto che io tanto metallaro non sono, ho ascoltato qualcosa, ma i primordi; la deriva stilistica che il Metal ha preso, già abbastanza asfittico e povero come possibilità espressive, non mi ha mai coinvolto più di tanto. Le mie preferenze sono andate altrove anche se, in certi momenti, riascoltare Hells Bells o Paranoid o Iron Man ha sempre un suo perchè. Sostanzialmente volevo fare qualcosa di mitologico con mia figlia, di quelle cose che restano. E ieri siamo andati, partiti nemmeno all'alba ed arrivati in questo ridente paesino, Rho, che ospita queste manifestazioni. Se c'è un non-luogo è quello. Non so bene cosa sia nella quotidianità. Un parcheggio ? Una zona di carico cargo ? Può darsi. Fatto sta che è una arena bollente e rettangolare di asfalto, organizzatissima con chioschi di ogni genere, dalla piadina alla coca & whisky. Sulla fauna presente potete immaginare. A parte i ragazzetti coi pantaloni a vita bassa, i piercing ed i tatuaggi, c'erano delle presenze sinceramente inquietanti di uomini fatti (o meglio, sfatti) oltre la quarantina, tripputi con improbabili lunghe e stempiate chiome, stomaci birripertofizzati al triplo malto, l'occhio perso e la maglietta sbrendola molto "ggiovane". Mi sistemo buddescamente appoggiato ad una colonna, all'ombra, con il mio libro, la frutta, i panini mentre intorno la transumanza ondivaga procede circolare a passo strascicato, dal palco al panino, dal panino alla birra, dalla birra al gradino, dal gradino al palco e via andare. Si alternano sul palco, in un climax tecnico ed acustico, varie band che, penso, non lasceranno nella storia della musica una impronda indelebile. Al massimo qualche timpano lesionato e qualche litro di catarro, visto il modo tigresco di cantare. Passa il tempo, non passa il caldo, finalmente si arriva a dei livelli più accettabili. Gli Opeth, per fare un nome, che in effetti hanno trovato qualche via di fuga all'ossessivo gabbione riff/batterista scatenato/assolo inutile di chitarra e virtuosismi privi di ogni trippa e anima. E poi comincia Ozzy. Traballante come un orso, cammina incespicando e facendo appello disperato alle ultime tre sinapsi che sono sopravvissute all'olocausto chimico, canta le sue canzoni con una voce che, ahimè, è rauca e dondolante. Pezzi nuovi, conosciuti dagli aficionados ma sinceramente apprezzabili solo per tecnica, e pezzi vecchi. War Dogs, Paranoid, Iron Man, appunto. Certo fa sempre effetto vedere l'azzannatore di pipistrelli, si sente che sotto c'è roba, e non poca, il suo brividone lo dà, non c'è dubbio. Ma un po' fa l'effetto di quelle belle chiese romaniche austere e brutali nelle loro nudità trascendenti che, assunto l'architetto estroso, sono state sputtanate da putti e stucchi barocchi. Belle si, si sente l'ossatura, ma orpellate inutilmente di quella deriva merlettaia che, purtroppo, è la malattia degenerativa di ogni espressione artistica consunta e morente. Finita la scaletta, tanti saluti e tutti a casa, in un rimestare di bicchieri vuoti e cartacce. Gli Dei del metallo mi son parsi un po' arrugginiti e chi li dovrebbe sostituire non sa bene come fare per ridare linfa vitale ad una musica che oramai si può quasi definire "classica". Sperando in un Mozart con le borchie torno a casa anche io, nella allucinata notte padana, via, verso l'appennino, baluardo delle mie colline, della mia toscana increspata di crete e di boschi. Quant'è bella giovinezza che si fugge tutta via, chi vuol esser lieto sia... fuck you, yeahhh !!

martedì 17 aprile 2012

Buttati, che è morbido.

Stupratori rumeni, prelati che prediligono gli inculabili agli incunaboli, pensionati razzolanti tra i cassonetti, branchi di randagi che mangiano qualcuno, avvistamenti di pantere, ciclisti spappolati da autisti incivili. Ogni tanto parte il serial new, ovvero il filone di notizie la cui ripetizione vuole evidentemente comunicare una urgenza, una reiterazione del dramma che, quindi, va oltre l'episodicità ed è sistematico. Con tutte le conseguenze possibili, sia che esse siano politiche che di ordine pubblico, culturali di costume o altro ancora. Ora vanno di moda i suicidi. Per crisi. E' tutto un fiorire di statistiche che dimostrano, dati EURES alla mano , che c'è una impennata dei disperati che decidono di togliersi la vita per sopravvenuta crisi economica. Sono disoccupati, imprenditori, laureati. Una bella fascia trasversale della società. Ovviamente chi, quasi nostalgico del caro SIlvio, così prevedibile e villain a tutto tondo, depreca il vampiresco governo tecnico e non esita un secondo a sparare a zero sui novelli dracula, Fornero coccodrillo in testa. Peccato che i dati siano del 2010. 2 anni fa, quando di Monti nemmeno c'era l'ipotesi. SIamo di nuovo alla informazione mistica. Nel 2010 c'era una media di due suicidi al giorno, ma la notizia latitava, tanto c'era abbastanza pane per i denti di chi sparava sul governo. Ora, che il governo che c'è, pur se operativo in un parlamento a maggioranza di centro destra e con poteri limitati, qualcosa sta facendo e non si fa beccare con minorenni o mazzette o travestiti o a fare chissà cosa, ogni pretesto è buono per esercitare la lagna antagonista, indignati a comando. Magari la percentuale di suicidi è anche aumentata, certo è che se anche fosse rimasta uguale, a due al giorno c'è da inzupparci a volontà. Fior di teste pensanti pare non aspettino altro, non si fermano nemmeno un secondo a pensare, informarsi, considerare i numeri in modo relativo, partono per la tangente e via. Finchè lo fa un giornalista che vuole vendere, capisco. Finchè lo dice qualcuno interessato a sputtanare tutto, continuo a capirlo, ma chi sarebbe in grado di capire e non ha interesse se non a capire la situazione per fare scelte consapevoli, non me lo spiego, proprio non lo capisco.

domenica 8 aprile 2012

La palla è tonda

Oggi la Fiorentina, quartultima in classifica, ha sconfitto il Milan, capoclassifica, per 2 a 1, in casa del Milan. Tifosi della Fiorentina ed antagonisti viscerali di Berlusconi godono. Io al 10% rientro nella prima categoria, come fiorentino, al 90% rientro nella seconda.

Non mi è mai interessato molto, il calcio, e lo sport in genere. E trovo irritante che venga dato per scontato, come in uno stato teocratico lo è appartenere ad una chiesa, che uno, specialmente maschio, si appassioni a questa cosa. Come un agnostico tra i fedeli so che non sono solo, magari minoranza. Ma non è consolante.

Ma mi chiedo, e mi sono chiesto, come mai questa prevalenza, questa schiacciante passione. L'avevo risolta in una visione puramente partecipativa. Che tutto e il contrario di tutto può esser detto, nel calcio, visto che ogni interpretazione e ogni filosofia poi è soggetta alla legge del caso, del rimbalzo di una sfera contro lo stinco di 22 persone. Ogni interpretazione, ogni scuola, ogni suggerimento ed il loro perfetto contrario sono legittimi.

Certo, la legge dei grandi numeri alla fine prevale, se una squadra di 11 campioni costata miliardi gioca contro una raccattata accozzaglia di brocchi, la prima al 99% vince. Ma c'è quell'1% che manda in vacca tutto. Per cui la combinazione degli eventi, il rinterzo frattale, l'imponderabile assurdo può accadere.

E quindi anche l'ultimo dei dementi può ergersi a pensatore, ad allenatore, perchè non potrà mai essere totalmente smentito dai fatti. Se si fermano 100 persone e si chiede loro una opinione su un fatto di cronaca o una legge fiscale o qualsiasi parte dello scibile umano, ci sarà sempre una rilevante percentuale che dirà di non sapere, di avere le idee confuse. Ma nel caso del calcio no. Credo che la percentuale di individui convinti di avere una idea coerente e di esprimerla sarebbe altissima. Certamente ci sarebbe chi la potrebbe esprimere in termini più articolati, altri si limiterebbero ad un frasario standard da centrocampista sudato che rientra negli spogliatoi, con gli archetipi sibillini e le frasi fatte.

Ma tutti o quasi direbbero la loro.

Ma c'è dell'altro, credo.

C'è che lo sport, il calcio come gli altri, pone di fronte ad un risultato indubitabile. Come ci si sia arrivati, a quel risultato, è magari una combinazione casuale di eventi. Ma una volta che ci si arriva, quello è certificato, non ci sono margini di dubbio, di contestazione. E se fai parte del partito di quel campione, hai in mano un arma, per quanto transitoriamente, vincente. Alla fine di ogni ragionamento e recriminazione potrai dire : si, ok, l'arbitro, la palla, le condizioni del campo, il guardalinee. Ma abbiamo vinto 2 a 1. Tiè.

Questo genere di cose servono dunque a creare delle certezze, delle boe ferme, dei fari nelle tenebre del relativismo quotidiano, della confusione della vita. Arrivo a pensare che sia una forma di pensiero che sta dilagando, in opposizione alla estrema complessità incomprensibile del mondo.

Le competizioni, i quiz, i vari X factor fino ad arrivare alle competizioni ad eliminatorie dei cuochi, la cooptazione televisiva di signori nessuno per farli gareggiare tra loro, i tornei di poker, non sono altro che la competitivizzazione degli eventi. Un processo alla fine del quale, comunque sia, c'è un risultato incontrovertibile, certo, certificato. Che dà sicurezza, offre appigli, conforta.

Anche nella politica, come si è visto fino a l'altroieri, si è avuto da noi la preponderante presenza di un partito il cui proprietario proveniva e si faceva forte di una visione sportiva delle cose. Un partito ed una coalizione che, a fronte delle critiche, alla fine non poteva che opporre : si, ok, ma le elezioni le abbiamo vinte, siamo maggioranza, abbiamo fatto un gol più di voi.

E questo può anche sembrare democrazia, non dico di no. Ma a me pare la dittatura del risultato. Non so quanto mi piaccia, e non so nemmeno che alternative pratiche ci possano essere in una società di massa dove le dinamiche politiche, civili, ideali debbano essere chiare e comprensibili. Quanto poco spazio ci sia per la mezza misura, per l'indeterminatezza. Sarà per la mia scarsa competitività, ma questo modo di vedere, interpretare ed assoggettare il mondo non piace molto, non piace dovermi schierare per forza in una squadra, pena l'essere inconsistente, ininfluente.

Fa male rinunciare alla propria individualità complessa per confluire in un monolitico e monocolore insieme, diventare formica guerriera di un formicaio che, alla fine, non mi convince del tutto, spinto solo dalla necessità di difendermi o prevalere, per non perire. Vorrei poter fare altre scelte.

lunedì 19 marzo 2012

Nouvelle vague


Recentemente ho visto un paio di bei film francesi, "the Artist" e "Les intouchables", orribilmente tradotto in "quasi amici". Bei film entrambi, diversissimi tra loro ma molto godibili. Questo ha fatto si che, l'altra sera a casa di amici, vedessimo un film, francese, con un buon attore come Depardieu.

Mammut.

Depardieu, alla soglia dei 60 anni, viene messo in pensione e l'orrendo sistema pensionistico francese, cui il concetto di "libretto di lavoro" deve essere totalmente sconosciuto, lo costringe a ripercorrere i suoi precedenti lavori per recuperare le "marchette".

D. vive con una megera orrenda che lavora in un supermercato e, da colei spinto, inforca la vecchia moto (una Mammut, appunto, ferma in garage da secoli) e va on the road a ripescare i documenti necessari.

Scopriamo così che ha fatto il becchino, il generico in un circo, il buttafuori e non so cos'altro.

La ricerca prosegue tra alti e bassi, finchè non si ritrova a casa del fratello, assente, al cospetto di una presumibile nipote che definire poco sveglia non rende l'idea. Anche lui è un bel mattacchione. Sopra i 160kg, capelli lunghi, ha lo sguardo reattivo di un muro di contenimento. L'incontro con la nipote, una che abbellisce il giardino in un'orgia caleidoscopica di corpi di bambole mozzati, pare sia la chiave di volta della maturazione interiore del bestione. Come, non è dato saperlo. Ma tant'è, intuisce una nuova visione delle cose, realizza che l'escamptage per sfangarla è vendere la vecchia moto e alla fine lo vediamo tornare dalla megera, su un motorino (povero motorino...) vestito di una tunica da comunicando, come se avesse superato un rito di iniziazione e tornasse a casa "homo novus", anche nel vestito. Altri protagonisti di rilievo non ce ne sono, a parte la Adjani che impersona una sua vecchia fiamma che non badava alla sua totale demenza e che pare se lo volesse anche scopare, prima di morire in un incidente con la moto, proprio sulla via del talamo.

Strano film, vero ?

No, non strano. Un film orripilante, che cerca drammaticamente di mascherarsi dietro una stucchevole aura grottesca e surreale, ma in realtà insensato e squallido. Slegato, incoerente, incomprensibile. Lui non è ritenuto un imbecille a caso, dai suoi occasionali conoscenti, lo è proprio. Ed effettivamente è l'unico pregio del film, ovvero come Depardieu sembri veramente un minus habens.

Triste, sconclusionato, un film fatto coi piedi che non dice niente e che non significa niente, pure imbarazzante, in certi momenti (una vicendevole sega con il cuginetto dei tempi andati, una immagine che resterà a popolare i vostri incubi a lungo). La storia di questo improbabile barile che fa i lavori più disparati è un coacervo di inutile ed allucinato squallore, dove il presunto riscatto finale, non si capisce nemmeno bene da dove provenga. Dalla nipotina altrettanto demente ? Dalla vendita di una moto inspiegabilmente in ottimo stato dopo venti anni di sosta in garage ? Nell'arrendersi con il tonacone, sul motorino, alle leggi dell'Inps francese ? Gratuito splatter della Adjani insanguinata, che fa la coscienza metafisica del proprio assassino, visto che l'ha ammazzata lui, con l'incidente.

Veramente un obbrobrio, per fortuna visto aggratis su Sky. Al cinema avrei chiesto il rimborso.

mercoledì 15 febbraio 2012

Predicatori.

La gratuità, per quanto condivisibile (ma nemmeno tanto, ce lo immaginiamo un Avvenire che giorno dopo giorno magnifica le risorse del paradiso come fosse un resort All Inclusive alle Maldive, per invogliare i peccatori ??) è la caratteristica che più mi irrita, della sparata Celentaniana. Letta dopo, ovviamente, chè col cazzo che ho guardato Sanremo. Nemmeno dipinto.

E bravo Adriano, hai detto e fatto quello che ti è parso e piaciuto, ora si scatenerà la reazione di quelli che reagiscono da 2000 anni, e che quindi sanno bene come fare. Ed il risultato sarà che a fronte di benefici zero avremo reazione mille, tagliando le gambe ad ogni possibile presente o futura rivendicazione o contestazione laica.

Bravo, Adriano, bravo, grazie mille, a nome di tutti gli anticlericali d’Italia. Ci hai fatto proprio in bel servizietto. E forse anche apposta.

E chissà perchè hai sparato dal calduccio del tuo qualunquismo, proprio sui Avvenire e Famiglia Cristiana e non su quell'Osservatore Romano tanto più omologo al potere, tanto più espressione secolare, portavoce di un Vaticano di affari, di moneta, di secolarismi politici e anche immobiliari. Quanto puzza di combinato, questo attacco. E quanto mi addolora sapere che anche questo insopportabile maniaco egotista sia o sia stato, nel deserto della cultura popolare oramai diventata appannaggio del peggio televisivo alla grande fratello o scherzi a parte, anche un riferimento ommioddio "culturale", assieme all'altro maitre a penser che è Jovanotti (no, dico, Jovanotti...).

Ma non c'è altro ? Siamo così disarmati ? Non dico un Pasolini, ma qualcosa, una voce nuova. Niente, si passa dalla muffa degli Inti Illimani e dai Pierangelo Bertoli oramai mummificati, agli idoli massificati in salsa ciellina-francescana che vengono usati come dei tram cui attaccarsi sperando che ti portino da qualche parte.

Lo sbando totale, lo svaccamento, l'improvvisazione retorica. Molleggiati alla meta.

venerdì 3 febbraio 2012

Radici



E' recentissima e stigmatizzatissima da tutti la frase del presdelcons Monti circa il lavoro "monotono". Frase che per tutti è stata un passo falso comunicativo, come ai tempi quella delle tasse belle da pagare di Padoa Schioppa.

Ma mi sono chiesto : nei paesi dove il posto fisso, inalterato, un pò medievale, diciamolo, cui siamo abituati noi dopo anni di pasturazione democristiana, piazzati nella pubblica amministrazione o nelle fabbriche in perdita di mamma Fiat e consorelle, dove insomma questo posto fisso non c’è, dove le persone si reinventano, si spostano, cambiano eccetera, ma come fanno ? Non è che dobbiamo fare obbligatoriamente i conti con dei cambiamenti totali che si rifletteranno anche su abitudini antropologicamente sedimentate ?

L’obiezione più accattivante che fanno al Monti anti monotonia è : vaglielo a dire alle banche, che vogliono la monotonia, per farmi il mutuo.

Ecco, e se fosse giunta l’ora di riconsiderare anche l’approccio al territorio, alla abitazione ? E se la soluzione fosse quella per cui affittare le case, gli appartamenti, diventi più semplice e diffuso ? E se la finissimo con l’UPPI e la casa sfitta, il terrore dello sgombero forzato ? Forse nuove abitutdini e atteggiamenti verso il posto dove viviamo, se cambiamo e diventiamo un po' "nomadi" migliorerebbe anche la comprensione degli altri, ci aprirebbe l amente, saremmo stranieri un po' tutti e quindi un po' tutti meno stranieri di altri. Potrebbe anche essere un modo per disinnescare modi di pensare molto "leghisti", tanto per capirsi.

Bisognerebbe agire per rendere certe procedure più semplici, più accessibili. Io ricordo che già 30 anni fa, in Germania, gruppi di giovani prendevano facilmente appartamenti in affitto, cambiando tranquillamente città se per motivi di studio o lavoro dovevano andare da Brema a Stoccarda.

Possibile che da noi se ti pianti in un posto ti ci vuoi abbarbicare in tutti i modi e per sempre ? Possibile che oltre ad essere economicamente immobili lo si voglia diventare anche sociologicamente ? E’ ovvio che viene il cagotto, a pensare di spostarsi, e che è preferibile fermarsi una volta per tutte, ma poi non stupiamoci se veniamo portati via dalla corrente umana delle migrazioni. Migrazioni di persone che non hanno nulla da perdere e che, forse, hanno nel Dna l’attitudine allo spostamento, alla flessibilità.

Si, perchè oltretutto c’è un grande inganno linguistico, perpetrato dagli oppositori del gaffeur Monti, ovvero insistere nella identificazione tra flessibilità e precariato, che sono cose radicalmente diverse tra loro.

Per brutto che possa apparire e per quanto terrore ci possa fare, il mondo sta diventando flessibile e bisognerà adattarsi per forza. E c’è una grossa fetta di mondo che già è flessibile. Io comprendo quanto ci sia ostico, culturalmente, smettere abitudini secolari che, tra l’altro, hanno fatto e fanno la ricchezza (poco coltivata ahimè) del nostro paese. Il radicamento è anche cultura, amore per certi prodotti, l’arte eccetera. Ma la modernità incalza e se crediamo di poter restare isolati dalla corrente, al sicuro nella valle circondata da impenetrabili montagne, mentre fuori arriva la rivoluzione, delle due l’una, o ci restiamo veramente, isolati, per avvizzire sterili entro breve tempo, o ci vengono a cacciare con la forza perchè inadatti a sopravvivere.

La soluzione, mi sa, è che volendoci considerare un paese evoluto e tra i primi al mondo, ci dovremo adattare, migliorando nella preparazione tecnica, la cultura, il saper fare cose tecnologicamente più evolute, mentre invece siamo abbarbicati ad un manifatturiero arcaico come il tessile e l’edilizia, ovvero, assieme al meretricio, tra le più antiche ed immutate attività che l’umanità conosca.

Non penso che la difesa imperterrita di diritti acquisiti, diventati privilegi nel tempo, senza voler fare i conti con quello che succede attorno a noi, basterà per salvarci. Se non accettiamo o facciamo accettare alle nuove generazioni, largamente analfabete o impreparate o formate su una preparazione obsoleta e inutile dal punto di vista lavorativo (tutti i laureati in lettere antiche, filologia romanza, sanscrito, sociologia… ma c’è bisogno, di tutti questi architetti, avvocati, professori di lettere ??) questa nuova visione del mondo io credo che siamo fregati in partenza.

martedì 10 gennaio 2012

Il biciclettaio.

Io vado in bici. Tutti i giorni a lavorare, spesso anche se piove. E ci vado anche a fare girate se il tempo è buono. Qua è tutto abbastanza in piano, abbiamo delle belle ciclabili e dei dintorni interessanti. E' bello andare, per esempio, fuori dai circuiti normali, sugli argini dei fiumi, dei fossi. Si vedono posti e scorci altrimenti nascosti.

A me di bici ne han rubate 4, in rapida sequenza, una addirittura comprata la sera, il giorno dopo già se l'erano fottuta; una Bianchi, Spillo, bella bici. Penso, e chi l'ha usata. Fanculo.

Insomma, diciamo che a parte una MTB discreta che uso solo per percorsi non impegnativi ma insomma nemmeno facilissimi, ho una robusta Frera che come un docile destriero mi scarrozza in giro e che ha periodicamente bisogno di una aggiustatina, una messa a punto.

Avendo la bici, ed andando i bici, giocoforza prima o poi andare dal biciclettaio.

Ne ho uno, vicino casa, esoso, fa le bici su misura, ti calcola anche il raggio del metatarso. Ma se gli chiedi di gonfiarti le gomme chiede 50c.

Ce n'era un altro in centro, in una piazzetta, vendeva bici e le accomodava, anche. Un giorno ci vado, entro soprappensiero e poi mi guardo intorno, stranito, non vedendo bici ma magliette appese al muro. Era diventato un negozio cinese di maglieria. Cazzo, avverti !

Disperazione. E ora dove lo trovo un biciclettaio ? Chiedo in giro, mi indicano un posto, in un'altra piazza, sempre abbastanza in centro, vicino all'ufficio. Vado, ma non vedo nessun biciclettaio... a meno che... aspetta, ma quel negozio di articoli da pesca... esche vive.. canne... ebbene si. Prodigio della mimesi, il biciclettaio è travestito da negozio di articoli per la pesca.

Ma vende anche bici.

E le accomoda, sopratutto.

Egli, Marco Vannucchi, è un tipo pittoresco. Aveva uno di quei pappagallini piccini carini addomesticatissimo che gli stava sulla spalla, gli dava i bacini. Beh, ho saputo che gliel'han rubato. E mi domando, ma come si fa, dico io, a rubare un animale da compagnia ? Dice che valeva dei soldi, capisco, ma sei bastardo.

Insomma la cosa mi ha fatto un sacco di dispiacere perchè il Vannucchi, il biciclettaio, è una persona apparentemente burbera, ma in realtà disponibilissima, competente, bravo e, sinceramente, fa dei prezzi incredibili.

Solo oggi alle tre gli ho portato la bestia, visto che la ruota posteriore andava per i cazzi suoi, dato lo spropositato numero di raggi rotti che aveva. Insomma, son ripassato alle sette e aveva cambiato i raggi rotti, tirato gli altri lenti, unto catena e cambio, rimesso tutto a posto, ora va che pare di pedalare sul burro e mi ha chiesto ben 8 euro. Ora, se non si fosse offeso, avrei insistito per dargliene almeno dieci, ma so com'è fatto e va bene così. Ma la ciliegina è stata lo scontrino.

Un regolarissimo scontrino da 8 euro, per un lavoro di sola mano d'opera. E penso a lui, ora solo senza il pappagallino, che ha a che fare con due categorie di persone molto specifiche, quelli che la bici la usano,la fanno accomodare ma non nel laboratorio fighetto ultratecnologico, ma dal Vannucchi, in piazza Ciardi, tra una canna da pesca ed un banco da lavoro. E quelli che vanno a pescare, ma che si sa, vanno nei laghetti, sul fiume, niente di competitivo o esagerato, pensionati, gente paziente che passa più per chiacchierare, piuttosto che per comprare.

Penso a lui, e penso ai commercianti di Cortina. E non dico altro.

E' un grande, il Vannucchi. Forse uno degli ultimi biciclettai, con le mani nere, il capello scomposto, con il baffo e la pancetta tonda.

Una persona che quando non ci sarà più lascerà un vuoto piccolo, si, ma incolmabile.