venerdì 20 marzo 2009

Il Confronto



Umberto Scapagnini - Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Luogo nascita Napoli
Data nascita 16 ottobre 1941
Titolo di studio Laurea in medicina e chirurgia
Professione Professore ordinario di medicina
Partito Popolo della Libertà
Senatore a vita
Umberto Scapagnini (Napoli, 16 ottobre 1941) è un medico e politico italiano.
Biografia [ modifica]
Laureato in medicina nel 1965, libero docente in neurofarmacologia nel 1968 e nel 1972 specialista in neuroendocrinologia; dal 67 al 73 ricercatore e successivamente docente presso l'Istituto HAYMANS dell'Università di Gand (Belgio), la YC Medical Center san Francisco, California e docente al MIT di Boston. Consulente della NASA dal '69 al '75. Nel 1975 divenne professore ordinario presso l' Università di Catania, risultando il più giovane ordinario italiano della disciplina farmacologia medica. Umberto Scapagnini è autore di oltre 500 pubblicazioni scientifiche su prestigiose riviste internazionali e co-editore di oltre 20 volumi scientifici. Umberto Scapagnini è attualmente il decano della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Catania.
Nella città siciliana si affacciò alla politica diventando consigliere comunale con il PSI nel 1985. Vicesindaco ed assessore all'urbanistica tra il 1986 ed il 1987, aderì successivamente a Forza Italia e nel 1994 venne eletto deputato europeo; dal '94 al '99 è stato Presidente della Commissione di Ricerca, Sviluppo Tecnologico e Energia del Parlamento Europeo. Confermato parlamentare europeo nel 1999, nel 2000 si candidò a sindaco di Catania ottenendo la carica. Ricevette un secondo mandato nel 2005, anno in cui vinse contro il candidato dell'Unione Enzo Bianco.
Da alcuni anni Umberto Scapagnini è il medico personale di Silvio Berlusconi, del quale ha affermato che «ha un sistema di tipo neuro immunitario veramente straordinario per cui niente mina la sua salute» e che egli è «tecnicamente immortale».
Durante i suoi mandati il debito del comune di Catania non ha fatto altro che crescere, con la conseguenza che la città si trova tutt'ora in grave crisi finanziaria, con fornitori che aspettano pagamenti da mesi, compresa l'ENEL. Dal mese di Gennaio 2008, infatti, e per praticamente tutto l'anno, varie zone della città, non solo dei quartieri periferici ma anche del centro cittadino, sono rimaste per più giorni prive di illuminazione a causa del non adempimento dei pagamenti all'Enel da parte del comune.[2] Infine è stato indagato per abuso d'ufficio aggravato per i parcheggi sotterranei in costruzione nella città etnea. Il 12 febbraio 2008 si dimette dalla carica di sindaco e nonostante lo scandalo finanziario, è stato eletto deputato nelle liste del PDL, lista guidata da Silvio Berlusconi, nelle elezioni politiche italiane del 2008.
Il 2 maggio dello stesso anno è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione delle irregolarità nella concessione di contributi previdenziali da parte del Comune ai dipendenti per i danni da 'cenere nera' dell'Etna[5], 3 giorni prima delle elezioni comunali del 2005 che lo videro vincitore.
Nel luglio 2008 risulta indagato, assieme ad altri 40 funzionari comunali, per il buco di bilancio creato durante i suoi otto anni di amministrazione. Ciò nonostante ottiene la carica di deputato che gli concede l'immunità alla condanna del 2 maggio 2008


da "la Repubblica, 20/03/2009
Cardarelli, chirurgo opera mentre ha l'infarto
Cardarelli, tarda mattina di lunedì scorso. Sul lettino del complesso di Neurochirurgia c´è un anziano paziente, affetto da "glioblastoma". È un tumore che ha coinvolto una delicata area del cervello. Gli anestesisti gli infilano l´ago in vena, lentamente parte la soluzione che induce il sonno artificiale. Pronto, "lavato" come si dice in gergo tecnico e con la mascherina sul viso, c´è Claudio Vitale, il 59enne primario "incaricato". Inizia l´intervento.

Tutto sembra filare liscio, ma Vitale a un certo punto accusa un dolore al petto. È molto forte. Una smorfia, il chirurgo continua. Pensa a un reumatismo, si concentra sul campo operatorio. Ma col passare dei minuti, quel pugno al centro del torace si fa sempre più stretto. Lo specialista intuisce la gravità. Può essere un attacco cardiaco. Lo dice ai collaboratori. Lo invitano a smettere, lui si rifiuta. C´è un´emorragia da dominare e Vitale acconsente solo a farsi fare un prelievo di sangue per avere conferma del sospetto. Dieci minuti e l´infermiere agita il referto: "Infarto posteriore".

Il medico dovrebbe lasciare, ma da lui ancora un no deciso: «Prima finisco, poi mi ricovero». Sopporta il dolore e conclude l´intervento. Con successo. Nell´antisala è pronta la barella e trenta minuti dopo Vitale è sottoposto ad "angioplastica" per disostruire la coronaria. In serata è in Terapia intensiva. Ora stanno bene. Entrambi, medico e paziente.

Ora una piccola domanda. Secondo voi, dei due, chi ritenete sia più brobabile che denunci un immigrato irregolare ???

domenica 15 marzo 2009

Questa è una canzone capolavoro. Questa è una canzone che si adatta e plasma i tuoi stati d'animo. La puoi ascoltare quale che sia il momento che passi. Può lacerarti il cuore , puoi affogare nei singhiozzi, puoi volare felice, puoi pensarci, rifletterci sopra, capire te stesso, gli altri, l'altro, capire che sei una testa di cazzo, che stai facendo le cose giuste, o che hai fatto quelle sbagliate. E' una canzone che ti apre il cuore, in ogni momento, come molte delle canzoni di Fossati. E' una canzone che scava negli angoli bui come in quelli assolati.

In questo momento per me è una canzone di speranza.

martedì 10 marzo 2009

Il patto


Era notte. Fuori da quell'anonimo appartamento gli uomini scelti si incrociavano sul chi vive, in attesa che arrivassero. Lontano nella notte i soliti fuochi all'orizzonte. Niente arrivava là dove erano. La casa era deserta, solo quell'appartamento pulsava di una vita provvisoria, a termine. Finito l'incontro quelle stanze, ripulite da ogni segno di passaggio, sarebbero tornate ad essere delle mura disabitate e silenziose. L'area di rispetto, invalicabile, sorvegliatissima, si estendeva per un paio di isolati in ogni direzione. Nessuno era per strada, ogni via di accesso era sgombra e sorvegliata.

Un segnale gracchiò all'improvviso nella ricetrasmittente criptata. "arrivano" , disse secca una voce, e poi silenzio. Le strade si illuminarono di bolle di luce, fari potenti di grosse macchine nere come silenziosi piccoli soli seguivano il labirinto, avvicinandosi. Giunte di fronte alla casa, nessuna parola, solo cenni di proseguire dentro il cortile. Poi un docile sbattere di portiere, passi leggeri, porte che si chiudono.

L'unica stanza illuminata si animò e si trovarono di fronte, coloro che si erano accordati per stringere un patto. Un patto che avrebbe sicuramente cambiato il paese, se non tutto almeno in parte.

Da una parte, già sistemati nelle poltrone : Carmelo Mangano, capo oramai indiscusso di Cosa Nostra ; Salvatore Garramone, capo e rappresentante della quasi totalità delle famiglie camorristiche campane, da Napoli a Casale; Antonello Screti, capo della società segretissima della SCU, Sacra Corona Unita, in rappresentanza di tutti i clan pugliesi.E infine Girolamo De Stefano, capo delle 'ndrine di tutta la Calabria.

Dall'altra il primo ministro e con lui il ministro degli interni, quelo della difesa e quello di giustizia; poi un paio di sottosegretari ed il presidente del senato.
Oltre ai politici i segretari di due organizzazioni sindacali nazionali, il presidente della associazione industriali e delle principali organizzazioni del commercio.

Senza cenni di saluto, molto seri e concentrati si misero a sedere, abbozzando solo degli accenni col capo. Tutti sapevano chi erano gli altri, tutti sapevano il motivo per cui si trovavano in quel luogo e tutti sapevano ciò di cui si sarebbe discusso.

Prese la parola Garramone, rivolto a tutti, con voce bassa, ferma.

"Bene signori, nonostante tutto ciò che è intercorso tra noi, tra le nostre organizzazioni, tra le nostre strutture, penso sia giusto ricordarco cosa ci fa essere qua e perchè ci siamo."

Cenni d'assenso lo invitarono a proseguire, cosa che fece:

" Sono passati ormai 3 anni dal quel 2009 che ha segnato il massimo della crisi economica che ha travolto tutto. Che è successo lo sappiamo. Gente senza casa, senza soldi, senza lavoro. Gente incazzata. Gente abituata a avere tutto a comprare tutto. Gente che si è spesa la vita sua e quella dei padri finchè non è rimasto niente se non la rabbia. Gente che ha chiesto aiuto ai politici ed i politici hanno cercato di tapare i buchi , di tenere buona questa gente che prima si è scatenata contro gli altri i negri i cinesi e i rumeni. Ma questi prima hanno incassato, sono bruciati ma poi si sono incazzati pure loro. Quella è gente che nella miseria c'è nata e sa resistere più e meglio dei nostri figli di papà. E sappiamo come le città hanno bruciato e stanno bruciando, su al nord. Milano, Torino, Verona, Piacenza. I quartieri alle fiamme, gli scontri, i poliziotti morti, le vetrine sfasciate.
Interi quartieri sono diventati terra bruciata, nessuno si azzardava a metterci piede. Territorio loro, loro che si sono organizzati e che vi tengono testa.

E allora i nostri che hanno fatto ? Basta ronde, basta liste civiche. Lo abbiamo visto come si sono organizzati, i più violenti, coi bracci armati delle tifoserie ultrà, come le bande hanno infestato e saccheggiato e spremuto. E come qualcuno abbia cominciato a rispondere, a sparare. Lo sapete bene, voialtri. E la gente, i normali, i deboli, stretti nella morsa della miseria, che vi chiedevano aiuto, protezione. Ma non avete saputo aiutarli, senza idee, senza risorse, dopo che avevate cavalcato l'onda del terrore, adesso che il terrore correva per le strade, selvaggio, non sapevate come fermarlo."

Gli uomini di governo e gli altri, quasi con lo sguardo basso non dissero nulla, sapendo quanto tutto quello che aveva detto Garramone fosse vero ed evidente a tutti.

" Questo per ricordarvi le cose. E per dirvi che si, questo è successo. E succede. Ma non qui. Qui ci siamo noi, come in Calabria e in Sicilia ci sono gli amici nostri che meglio di voi sanno far funzionare le cose. Avete visto come le prime rivolte sono state fermate. Avete visto come quei pochi negri che si erano azzardati a rivoltarsi siano stati puniti. Li avete fatti vedere nei vostri telegiornali, inchiodati ai portoni, ai pali, agli alberi. Perchè noi non possiamo permettere il disordine. Il disordine qua siamo noi, ed è un disordine organizzatissimo, che funziona come un orologio svizzero. E perciò, ecco quello che proponiamo."

" Voi non avete le risorse per combattere queste due guerre, quella contro di noi e quella contro di loro. Almeno non dappertutto. E quindi. L'idea è questa. Noi qua diventiamo ciò che siamo sempre stati. Qua lo stato siamo noi. Basta pool, basta carceri, basta. Qua è roba nostra, comandiamo noi. Vi assicuriamo la pace, basta sangue, basta rivolte. Facciamo che qua le cose funzioneranno come vogliamo noi che funzionino. Basta rompicoglioni di giornalisti o magistrati col fuoco della verità. Quelli metteteli a posto voi, o altrimenti lo faremo noi. Basta prefetti, basta carceri, intercettazioni, 41bis. Piano piano, rilasciate i nostri, chè li aspettano a casa, chè devono travagliare per loro e per le loro famiglie. Qua gestiamo noi. E non ci rompete. Noi diventeremo una risorsa, coi nostri capitali. Le nostre attività funzioneranno perchè lo sapete come risolviamo noi il problema concorrenza. E investiremo, salveremo quelle fabbriche e quelle industrie che a voi pesa troppo mantenere. Faremo le cose per bene. Ma non ci saranno sindacati e scassacazzi. Per noi si lavora, e zitti. E allora voi potete avere le mani libere per tenere a bada gli altri, per far rigare dritte le teste calde, se e dove vi converrà. E potrete essere quello che la gente chiede, quelli che li fanno dormire tranquilli. Certo, lo sappiamo che non avranno molto modo di lamentarsi. E queste minchiate di opposizione, di partiti, di associazioni di consumatori che scassano il cazzo, e che consumino quello che gli diamo e si contentino. E se alzeranno la testa, bè, ve lo devo insegnare io come infiltrare i movimenti e piazzare qualche testa calda ?
Sapete bene come fare scattare qualche grilletto al momento giusto e poi le teste da rompere ve le metteranno sotto le mani da soli. Gli piace farsi vedere, credono di avere la verità e che questa in un mondo come questo basti a proteggerli.
Questo è quanto. Pensateci. E pensate anche che se vogliamo tutto il controllo che abbiamo lo possiamo muovere dove vogliamo noi. Anche contro di voi. E non è una minaccia, è per farvi capire che è meglio se lavoriamo assieme, è meglio se siamo amici. No ?"

Il primo ministro alzò la testa. La pelle tesa e lucida, lo sguardo piccolo e attento guardò le persone che aveva di fronte. Sapeva di non avere scelta.
Il mondo che lui conosceva stava affondando e qui bsognava cercare di salvare il salvabile. Certo nessuno poteva insidiargli il potere, nessuno aveva i mezzi o gli obiettivi per sfidarlo sul terreno che si era cosi' preparato con gli anni. All'inizio la crisi economica era sembrata una cosa buona, per stringere nell'angolo della necessità e nel ricompattamento nazionale una opposizione divisa, sfibrata, sbandata. Un gregge spaventato è sempre più facile da gestire. Leggi sempre più restrittive della libertà, in nome della sicurezza, erano passate grazie al monolitico controllo del parlamento. Se volevi mangiare alla greppia dovevi chinare la testa. Era semplice. Non per niente si era circondato di yes men e omuncoli dalle gambe corte.Facile poi era stato indirizzare con i soliti vecchi metodi la rabbia verso i capri espiatori più adatti. Gli immigrati, gli zingari. Ma aver aperto il vaso di pandora del fai da te da far-west, ai mostri mai sopiti di ogni uomo alla lunga non aveva rassicurato il gregge che sempre più povero e spaventato si era barricato in casa, risparmiando sotto le bombe, illuminato da un monitor dove si alternavano schizofreniche le immagini di morte e di lustrini. Aver saputo vendere cosi' bene l'immagine di un paese possibile lo aveva coinvolto. Non vendi mai bene se non credi nel prodotto. E per quanto artefatto, falso, pacchiano, in fondo a quel mondo mulinobianco lui ci aveva creduto. E allora va bene, si alla linea gotica. Era un prezzo congruo. Si sarebbero potute concentrare risorse, si sarebbe potuta fare pulizia, si sarebbero potute potare le siepi spazzando tutto lo sporco sotto il solito logoro tappeto ormai senza speranza che era quasi metà del paese. Che si fottessero. Aveva un paese da dirigere, lui. La sua personale Disneyland chiassosa e caciarona, di consumatori in fila allegri e colorati impegnati a spendere e spandere.
Quello era il suo sogno, e nessuno poteva toglierglielo.

Si alzò, guardando negli occhi il nuovo socio, e tese la mano.

L'accordo si sarebbe fatto.