mercoledì 15 agosto 2012

In certe parti del mondo, forse le più evolute o quelle che se lo sono potuto permettere, sono alla fine emersi gli omosessuali, repressi per secoli da religioni e culture omofobiche. Religioni che poi come ogni consesso umano a quelle pratiche e tendenze indulgevano, ma di nascosto. Una serie di fattori hanno fatto si che determinate rivendicazioni venissero finalmente espresse, così come è successo fin dagli inizi del secolo con le suffragette e la questione femminile o femminista. Come tutte le rivendicazioni per situazioni a lungo represse, quando si sono manifestate lo hanno fatto all'eccesso e, credo, interpretando la loro diversità come un fattore di distinzione da opporre alla normalità eterosessuale. Proprio quell'orgoglio gay, insomma, che li ha spinti e li spinge tuttora a esporsi scandalosamente, eccessivamente, teatralmente. in fondo se solo di diversi gusti sessuali si parla, niente avrebbe dovuto impedire che si svolgesse una normale affermazione dei propri diritti senza quei ricercati eccessi da avanspettacolo che a me, sinceramente, non sono mai piaciuti molto. Come del resto tutte le esagerazioni, anche di machismo o religiose, visto che sono stato cresciuto in una ottica di pacato e britannico understatement. Ma così non stato. Siamo diversi ? Bene, faremo della nostra diversità la bandiera e rifiuteremo ogni manifestazione di normalità, sottolineando proprio nella diversità la nostra essenza. Non so se a qualcuno è capitato di vedere un crudo e brutale film tedesco "Ai cessi in tassì", molto underground ed esplicito ma sincero e combattivo. In una coppia gay i due componenti ambivano a vite diverse. Uno, il più carismatico, voleva vivere la diversità anche attraverso la libertà totale del rapporto, senza quelle trappole come la continenza, la fedeltà, la regolarità tipiche delle odiate coppie normalmente etero. L'altro invece avrebbe anche preferito una normale vita di coppia, e veniva aspramente sbeffeggiato dal compagno, che metteva in ridicolo quella volontà. Poi è arrivata la botta Aids. E ovunque è emersa la considerazione che fosse quasi una punizione divina per certi comportamenti eccessivi. La promiscuità totale, la sessualità sbandierata che, da essere una delle caratteristiche della persona diventava LA caratteristica su cui modulare tutta la propria vita e le proprie scelte, venivano messe in crisi dalla malattia. Ed è stato sicuramente il punto di rottura per certe culture libertarie e libertine. Una rottura che ha messo la sordina, per ovvi motivi, proprio al cavallo di battaglia del sesso inteso come ariete che devastava le mura della normalità borghese e perbenista, con la sua carica vitale ed eversiva. A quel punto certi valori o, se non vogliamo considerarli tali, certi comportamenti salubri, hanno riacquistato importanza. Ora certe manifestazioni hanno senso solo in quei paesi in cui c'è una repressione evidente, penso alla russia, coesistente con una evoluta consapevolezza e volontà di emancipazione. Siamo insomma nello stesso punto temporale di rottura totale, rottura che richiede toni e volumi alti ed anche eccessivi. Da noi, dove più o meno determinati comportamenti individuali sono stati certamente più accettati, siamo alla fase successiva. Se ho una dignità come omosessuale e se le mie libere scelte private non influiscono sulla mia figura sociale e sulla mia integrazione, allora voglio, civilmente e pacatamente, gli stessi diritti degli altri. E si, voglio sposarmi, avere figli, vivere una vita "normale" anche io. E non solo, voglio che il mio ocmpagno/a abbia i diritti civili riconosciuti alla cosiddetta "famiglia" in termini di assostenza, sanità, partecipazione, economia. Ed è questa, sia chiaro, una visione delle cose che nella San Francisco degli anni '70 avrebbe fatto inorridire il 99% degli omosessuali. Alla fine, quindi, si ha lo scandalo maggiore proprio quando si smette un comportamento che mette autonomamente la persona ai margini, sotto i riflettori di una conclamata e a volte pacchiana diversità, e si chiede di rientrare e far rientrare la propria ricerca della felicità nei canoni e nei canali di tutti gli altri non più diversi. Questo si che è rivoluzionario, perchè se tu che sei diverso non sei più tale e metti i miei abiti e vuoi ricoprire i miei ruoli, io che mi sentivo forte della mia normalità conformista non ho più quei riferimenti cui potevo riconoscermi opponendomi ai tuoi. Mi stai disarmando, mi metti in crisi di identità. Ma come, io sano e prolifico etero trombante cui piace la gnocca mi posso ritrovare in chiesa con la sposa barbuta ? E al parco con moglie e moglie e pargoli che giocano con la mia tutta trine e fiocchetti ? Ma non sarà mica che allora forse, sotto sotto, anche io posso desiderare o avere quei gusti che tanto mi fanno orrore ? Non è che alla fine un pò ricchione lo sono anche io o, almeno, lo posso essere ? No, perchè anche a me certe sensazioni piacciono, anche io a volte ho avuto certe fantasie. Insomma, alla fine proprio rientrare in un alveo di non contrapposizione ma di condivisione di riti e ruoli è quello che diventa più devastante. E' la maturità della rivendicazione che trovo, personalmente, oggettivamente coerente e plausibile. Accettabilissima senza alcuna remora e, almeno per quelle culture e società abbastanza evolute da poterselo permettere, destinate a realizzarsi sicuramente. Questo certamente deve essere consolante ma non deve farci dimenticare i tanti episodi di violenza omofoba, così come non ci possiamo dimenticare di quanta cultura sia ancora sessista e antifemminile, come sia ancora razzista nei confronti di ogni cultura diversa. Ma lo scardinamento operato dall'interno come avviene adesso ritengo sia molto più positivo di quanto potesse essere l'opposizione precedente, e molto più concreto.