domenica 10 giugno 2007

Incipit

accetto il testimone e scrivo gli incipit di 5 libri importanti per me.

1) Risaliamo ?
-No ! Anzi, scendiamo !
-Peggio, signor Cyrus. Cadiamo.
-Vivaddio ! Giù della zavorra !


ancora ai tempi della mia infanzia la letteratura "per ragazzi" non aveva le dimensioni di sviluppo e diffusione che ha oggi. era considerata letteratura
"minore" e tutto girava attorno alle solite cose. I ragazzi della via Paal, Salgari, Pinocchio, Gian Burrasca, Piccole donne etc.

questo citato, è Verne. L'isola misteriosa, per la precisione. non so quante volte l'abbia letto. questo e 20.000 leghe sotto i mari. letti e riletti e riletti fino a consumarli. la mia piccola cosmogonia portatile, con i nomi letti tassativamente in "italiano" ovvero non pronunciati all'inglese. Gedeone Spillett....
come tutte le prime cose, le cose che fai quando sei cera vergine, quando

tutto tutto tutto

è nuovo, questo libro è indimenticabile.

2) Nell'anno 1738 Maria Amalia Cristina, figlia di Augusto III di Sassonia, lasciò la corte di Dresda per andare sposa a Carlo di Borbone, Re delle due Sicilie.

e chi è questo ? Stendhal ? un antesignano del gossip ? la biografia di qualcuno ?
macchè. è il Ceram. Civiltà sepolte. altro libro della prima adolescenza, forse il primo libro "serio" letto. ma che ha aperto l'orizzonte dell'archeologia, delle antiche storie del mondo, una passione che non si è mai concretizzata in niente ma che continua a vivermi sotto pelle. per capirsi, andare su delle rovine, dei castelli, delle tombe, a me fa incazzare, non me li godo. vorrei averli scoperti io. a Mozia mi prese per la giacchetta un guardiano : "giovinò, qua si viene a guardare, non a scavare.. "

3) E' così, qui dunque viene la gente per vivere; crederei piuttosto che si muoia, qui. Sono uscito. Ho visto: ospedali. Ho visto un uomo che barcollava e cadeva.

come cazzo abbia fatto a leggere 'sta roba proprio non lo so. un inizio raggelante, una camera mortuaria, la luce verde del neon emana dalle prime pagine dei Quaderni di Malte Laurids Brigge, di R.M. Rilke. pesissimo. non c'è che dire. ma, come deve fare un libro che si rispetti, rivela, apre la mente a cose impensate. e questo libro mi aprì le porte della vita interiore, di quello che c'è dietro gli occhi. il mondo non più visto, ma sentito, dove le cose sono pietre che lasciano impronte nella creta molle di cui si è fatti. dove puoi rimanere a pensare assorto colpito da un particolare fino a poco prima insignificante. questo libro è un mare che si inabissa nei pensieri, nei dolori. allucinato e quotidiano.

4)Era già buio quando arrivai a Bonn. Feci uno sforzo per non dare al mio arrivo quel ritmo di automaticità si è venuto a creare in cinque anni di continuo viaggiare : scendere le scale della stazione,risalire altre scale, deporre la borsa da viaggio,levare il biglietto dalla tasca del soprabito, consegnare il biglietto, dirigersi verso l'edicola dei giornali, comperare le edizioni della sera, uscire, far cenno ad un tassì.

quest'uomo è un genio. premio Nobel non a caso. la porta che mi ha aperto è stata quella dell'amore, della sua contradittorietà, del suo spessore, di quanto sia cosa diversa l'amore dall'inamoramento, di quanto si sia vittime e carnefici allo stesso tempo, di quanto si subisca da tutti, da noi stessi per primi, di quanto si possa essere spettatori o attori, di quanto il dolore sia amico della gioia e vadano a braccetto. un libro che legge la quotidianità come un palcoscenico dove siamo più o meno consapevoli di muoversi. uno specchio che riflette le nostre scoordinate movenze di burattini buttati sulle montagne russe, sulle scale immobili, sulle allucinazioni distratte della vita. Opinioni di un clown, Heinrich Boll.

5) Senza togliere la mano dalla manopola sinistra vedo dal mio orologio che sono le otto e mezza. Il vento, anche a cento all'ora, è caldo e umido. Chissà come sarà nel pomeriggio, se già alle otto e mezzo c'è tanta afa.

quando si dice un coglione. per anni ho considerato questo libro una boiata. una trappola per gonzi. un calembour, una goliardata. la supponenza del demente che ti fa dire, senza nemmeno averlo preso in mano : "ma che stronzate vengono pubblicate".
e facevo anche lo spiritoso; imbecille.

poi ne lessi una recensione, credo. o una citazione. che diceva, più o meno, che il viaggio non è arrivare da qualche parte, ma anche il viaggiare in sè.

come dire che costruire qualcosa non è arrivare ad un oggetto, ma è IL costruire. è come dire che ci puo' anche non essere una meta, ma il viaggio si. e la vita, in fondo, mica è motivata dalla morte, sua ultima meta. insomma. tutte cose che già mi frullavano in testa. e così comprai il libro. non dico molto, è maschile, per il suo approccio nei confronti delle cose. è un pugno nello stomaco. è Ulisse che racconta in prima persona che sta tornando a Itaca, con i dettagli, i dialoghi.i problemi pratici.
Un viaggio a tutto tondo. iniziatico, di caccia, di osservazione, di riflessione. di fuochi nel buio, di asfalto che scorre, di pensieri.

ammazza che libro.

Robert M. Pirsig - Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta.

ah, a proposito. la cosa che mi ha insegnato questo libro è stata, letteralmente, di non giudicare MAI un libro dalla copertina. le persone si, ma un libro mai.

1 commento:

Anonimo ha detto...

si batte un po' la fiacca su codesto blog.....