venerdì 19 febbraio 2010

Alla fiera dell'imbecille


In questi giorni tutti i destri vociano contro le intercettazioni; vogliono regolarle, bloccarle, diminuirle. Tutto in nome della privacy, il solito comodo paravento dietro il quale continuare a fare i porci comodi. A me fa ridere che ad incazzarsri così sia chi ha aperto le porte all'osceno, al pettegolezzo, alla diceria, alla tetta al vento della casalinga allupata in terza serata, allo scambismo provinciale, all'alvarovitalismo postmoderno, son proprio questi. Venissero da una cultura dell'understatement britannico, capirei. Ma mescolano in sè i sottanoni dei chierici alle smandrappaggini degli animatori da villaggio. Alfieri del cinepanettone scoreggione, quando poi le cose serie li toccano, magari in modo informale, immediatamente diventano dei baronetti della borghesia nera, pizzi trine ed etichetta. Formali e vanesi, briatoreggiano pacchiani col codone di paglia di un formalismo simil borghese; loro, eredi incolti del peggior bottegame italico. Come cortigiani incipriati, pisciano poi negli angoli delle loro versailles perlinate col teomondo scrofolo comprato su telelefante. ahrarara.

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