domenica 6 aprile 2008

Pubertà pagana



Son stato al cinema, oggi pomeriggio, un cinema residuale, di quelli monosala, la vecchina alla cassa... credo sia sovvenzionato da qualche museo di antropologia.
Ci sono stato con mia figlia, davano la volpe e la bambina, o viceversa, non so, non importa. Non sto a raccontare la storia, egregiamente riassunta nel titolo. Si svolge in un ambiente paradisiaco, un prealpi del massiccio centrale francese ma anche da foresta nera, o neozelandese, perchè no montagne rocciose........ un archetipo, insomma. un bosco con tutto quello che ci si può immaginare di trovarci. La neve d'inverno, ma neve neve, non quelle prese di culo da riscaldamento globale. Prati fioriti in primavera, con un cazzo di razze di fiori che un botanico ci farebbe le bave; e grotte complete di stalagmiti e stalattiti. E gli animali ! Tutti !E linci, lupi, orsi, tassi ghiottoni donnole topi aquile cervi (molto maschio, il cervo, si vede di notte, molto cornuto, molto sessuale non so se mi spiego). Già mentre lo vedevo mi dicevo quanto fosse leggibile a vari livelli; da un disney meno antropocentrico ad una elegia della natura, ad una introduzione all'ecologia dove l'uomo deve essere rispettoso su su fino a livelli più psicologici, di racconto iniziatico e, trattandosi di una bambina, l'iniziazione alla maturità sessuale. La scoperta del selvatico, di qualcosa di sfuggente. L'identificazione, anche cromatica, è immediata. Fulva la volpe, fulva la bambina. Quando sembra che la volpe muoia, esanime, a terra, col sangue su pelo, dentro di me ho esclamato : le mestruazioni ! Insomma, un film decente, bellissima fotografia. Il regista è lo stesso de La marcia dei pinguini.

Ho poi collegato alcune cose, certi eventi cinematografici recenti o meno, da quel megaminimondo o come si chiama, tutto girato nelle zolle con gli animalini, a la marcia dei pinguini e poi perchè no l'era glaciale ma a ritroso anche l'orso, di annaud e sicuramente altri titoli che ora mi sfuggono.
Ma è il cinema francese che ha recentemente prodotto la maggior parte di questi film e ci ho scorto una specie di neopaganesimo, un animismo ecologico. Un approccio diverso dove l'etica estetica della natura prescinde dall'uomo, non è a sua misura ma, anzi, è l'uomo (in questo caso la bambina) che scopre in sè quanto di atavico c'è e ci deve essere nell'essere umano, quanto siano da ritrovare quei fili che ci legano al nostro totem animale, quanto di equilibrio abbiamo perso nella nostra crescita cancerosa. Ed in tutto questo dio non c'è. Il divino è quel senso circolare, quel senso panico, quel bello e brutto e terribile e adorabile ma a noi indifferente che sarebbe il nostro mondo lasciato a sè stesso. Un occhio dorato di buddha, un nodo del legno della corteccia di un faggio che non ci guarda, non ci vede se non come integrati in un tutto, in un melange dove altro non siamo che uno dei fili del tessuto. Mi chiedo quindi quanto di speranzoso ci possa essere in una visione di questo tipo e quanto di melanconico, struggente rimpianto per qualcosa di perduto. Se, insomma, questo ed altri film altro non siano che il pianto di un vecchio o la frenesia di un cucciolo.

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