venerdì 17 ottobre 2008

Il pessimismo della ragione



in fondo un pessimista è un ottimista informato.

parlavo ieri sera a ruota libera con un mio amico della situazione, di quanto ritenessimo assurdo e incomprensibile che a fronte di iniziative o inesistenti o deleterie ad opera della cricca al governo, con una situazione economica da canna del gas (se solo ce l'avessimo, il gas) comunque nei sondaggi si incrementasse l'apprezzamento. e ci dicevamo della realtà percepita, delle masse analfabete indottrinate dai microtg delle varie reti televisive in mano a questi gaglioffi, del lavaggio cerebrale delle isole dei famosi, delle pubblicità, dei desideri indotti, del capitalismo e del consumismo che parlano agevolmente alla pancia delle persone, di quanto invece sia impegnativo informarsi, capire, agire, decidere, criticare e quindi di quanto sia contronatura un approccio faticoso alle cose. e fin qui, tutto abbastanza chiaro; in soldoni chi è informato non può, se non per convenienza o malafede, sposare e appoggiare un governo dove o ci sono degli incompetenti totali (gasparri ? gli affidereste un orto di 2 metri quadri coltivato a patate ? io no, figuriamoci un ministero) o degli yes man sdraiati a tappetino o, anche , dei pregiudicati, degli inquisiti, dei collusi. tutti guidati dal portatore insano di conflitti di interessi più spaventosi che si siano mai visti al mondo.

bene, tutto chiaro. ma allora uno si dice : bene, che fare ? se non si vuole deprimersi e basta, che sbocchi ci sono ? io francamente ho pensato che la situazione sia messa male. accenno al fatto che costituzionalmente il pensiero di sinistra, progressista, sia diviso, non monolitico. è parte integrante del suo dna, proprio perchè aperto al dubbio, alla discussione. ovviamente parlo del pensiero dialettico, non dell'applicazione totalitaria dei socialismi reali, anche se... ma ne parliamo dopo. accenno inoltre al fatto che il socialismo è stata una corrente filosofica nata come reazione al capitalismo industriale e che, quindi, è sempre strutturalmente un passo indietro rispetto ai movimenti agili e veloci di uno squalo non impedito da impacci etici ma spronato solo da appetiti e profitti.

un discorso tira l'altro. ho pensato : cosa spinge se non ad una rivoluzione comunque ad un cambiamento ? una insoddisfazione di base, una elite progressista illuminata, un progetto ed una utopia. teoricamente avremmo tutto questo.
ma intanto la casta non è più quella elite nobiliare ottocentesca, ma la casta si è diffusa a tutti i ceti sociali. caste come i dipendenti pubblici, i sindacalisti, i commercianti. ognuno ha i suoi privilegi da difendere. la lotta di classe, oggi, ha poche applicazioni plausibili. la lotta sarebbe più articolata, il nemico poco identificabile, tanto è vero che il nemico lo hanno fatto diventare quello più riconoscibile : l'emarginato, il nero, il rumeno, il cinese. e la lotta è diventata interclassista, dove i sottoproletari carne morta per la camorra di casal di principe
se la prendono con la carne morta nigeriana. una bella confusione. indotta, sia chiaro. e quindi la spinta della insoddisfazione ce la siamo giocata.
una elite intellettuale ci sarebbe anche. il progetto pure.
ma c'è una prima contraddizione : se le cose le ignoro non mi rendo conto di cosa posso fare, ho solo l'incazzatura, posso solo accodarmi a qualcuno che sventola un bandierone. ho quindi lo spazio per una utopia, ovvero una idea da accettare fideisticamente, senza agganci con la realtà. ma cosi si perpetua una massa amorfa, senza opinione, carne da macello. oggi la tiri di qua, domani di la.
ma se le cose le sai, sai anche che intanto come sistema paese non conti un cazzo, per cui non hai risorse materiali cui attingere e non hai potere di intervento su quei macro meccanismi economici che, univocamente, la tua vita la infuenzano.
sai che sei perdente come sistemi di comunicazione di massa. sai che non avrai mai una compattezza bastevole per poter gestire il processo in modo coerente e continuativo. sai che per quanto non conscia, la massa è comunque disincantata per cui non hai una plausibile utopia da proporre, non hai un processo evolutivo da applicare. si è passati da un assolutismo manicheo di tipo clericale ad un nichilismo arrendevole, senza passare da una fase di relativismo costruttivo.
tanto è vero che ci sono innumerevoli segnali di come la restaurazione voglia e debba passare attraverso un nuovo assolutismo, sia religioso che consumistico, senza dubbi, senza discussioni. molto formale e poco sostanziale. un bel pensiero forte, incarnato da poteri forti, da uomini forti, da un fascismo dolce. ci siamo fatti spaventare per anni da prospettive orwelliane, di violenze e totalitarismi di stampo prima imperialista poi sudamericano, quando alla fine il libro più profetico ed attuale era, vedi caso, il mondo nuovo di huxley, con una ipnopedia che tanto assomiglia a quella scatola magica che troneggia nei salotti di tutto il mondo, la televisione. e quindi la domanda iniziale è rimasta tale. sapendo mi incazzo, sapendo so cosa si dovrebbe fare, sapendo so che non è possibile farlo, la conoscenza è arma che impugno ma che mi uccide. l'impegno è un tango glaciale, con l'occhio sbarrato in un vuoto lucidamente privo di illusioni.

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